Dopo l’anteprima che avevamo postato l’11 febbraio, nella quale eravamo rimasti un pò spiazzati dallo stile glitter e tacchi, finalmente è uscito l’album.
Dire che è la sorpresa inziale se ne è andata è poco.
I dubbi si sono letteralmente sgretolati immediatamente all’ascolto dell’opener Reap. Il loro stile riproposto al 100%, con tanto di tastiera e stacchi maledettamente precisi e assolo che già fa capire i livelli.
Subito dopo arriva Change, il singolo che ci aveva un lasciato un pò incerti, ma che ascoltando tutto l’album rientra pienamente nella logica dell’insieme.
Il tocco gentile e poppeggiante dura poco. Con Razor Sharp, una delle migliori, si torna violentemente alle origini, senza margine di dubbio. Melodie power con un rallentamento sul refrain che da un respiro a pieni polmoni da urlo.
La seguente Rodrigo invece denota una capacità orchestrale che ancora non era emersa. Il riff descrescente con un lavoro di voce molto pieno e bluseggiante.
Altro bellissimo pezzo è Break che con la tastiera e il basso riesce e condurre le strofe in crescendo fino all’esplosione del ritornello ritmato e incalzante.
Imperfect Day, invece, è una ballad delicata e melodica dove la sola voce con il piano fa quasi metà della prestazione. Il riff di chitarra, lento e oscuro, è di puro riempimento.
Dopo la breve calma, tornano con la cavalcata Graveyard, dove il basso e la batteria tracciano il solco del cammino come i due sci della slitta sulla neve fresca.
Ma non solo riff e scream. Traveling Back è un ottimo esempio della loro ottima capacità di esprimersi con una forma melodicamente moderna. Semplice e diretta, ritmicamente innocua e al limite dello spensierato.
Cosi come invece con Hold the Fire sprigionano nuovamente al massimo il loro cosmo fast-rock (un pò sullo stile di Razor Sharp). Una botta di carica senza se e senza mai dove Netta può dare mostra di una voce che va oltre la semplice “aggressiva” e “potente”. Riesce letteralmente a dare quello che gli pare con le corde vocali.
La title track, invece, ha un taglio completamente diverso. Pacata e “pensata” sfoggia un’aria corale molto bene composta. Leggermente curvosa, deve essere seguita con attenzione altrimenti ci si perde. Esempio calzante è l’assolo che è legato a filo doppio con il giro di riff di sottofondo.
Il finale viene lasciato ad un brano da 9 minuti, The Edge, che poteva essere sfruttato forse meglio. Non tanto per la quantità di momenti di alto livello musiale, fra voce, ritmica e chitarra, ma forse per l’eccesso di “carne al fuoco”.
Nell’insieme un disco molto bello, che va dritto fra i TOP del 2023.
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